2011年4月13日星期三

Test d’ingresso nelle facoltà umanistiche. Adesso « vibrisse, bollettino

di Claudio Giunta

[Questo articolo di Claudio Giunta è apparso in marzo nell'edizione in rete della rivista il Mulino].

Tito Livio, di Arturo Martini. Opera collocata nell'atrio del Liviano, sede della facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di PadovaMolti degli studenti che s'iscrivono alle facoltà umanistiche hanno serie difficoltà ad esprimersi oralmente e per iscritto. Avere serie difficoltà significa: sbagliare i verbi, sbagliare l'ortografia, usare le parole a casaccio. È un po' come se alla facoltà di Matematica si iscrivessero in massa ragazzi che non sanno fare le quattro operazioni, o come se le aule di Medicina fossero invase da studenti che hanno il terrore del sangue.
A diciannove anni è tardi per imparare a contare, dunque è improbabile che chi è a disagio coi numeri s'iscriva a Matematica. E la stessa cosa vale, immagino, per il sangue e per la Medicina. Ma le facoltà umanistiche sono un'altra cosa, perché nelle aule di Lettere o di Sociologia si parla di romanzi, poesie, quadri, sinfonie, storia antica, filosofia, archeologia, e a questo Bengodi uno può appassionarsi anche senza avere alcuna competenza o vocazione; ché anzi la passione – la passione cieca e inconcludente, la mania – prospera proprio là dove la competenza scarseggia. Ci si iscrive dunque alle facoltà umanistiche per passione, perché – come suona il viatico dei falliti – «l'importante è fare quello che ti piace».

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Etichette: Claudio Giunta Questo post è stato pubblicato il 14 aprile 2011 alle 07:13 ed è archiviato in Industria culturale. Segui i commenti a questo post con il feed RSS 2.0. Puoi saltare alla fine e lasciare una risposta. Non è al momento consentito il ping.

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